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GLASOVI COMMONERA

Beni comuni e comunità locali. Uso civico degli spazi urbani e rigenerazione urbana [Lez.6]





SCUOLA DI ATTIVAZIONE POLITICA
“Progettare un’economia trasformativa per una comunità sostenibile e solidale"

PARTE SECONDA:  
Le reazioni e i movimenti dal basso

 📌 Giovedì 16 luglio -  17.30-19.30
LEZIONE 6 -   Beni comuni e comunità locali. Uso civico degli spazi urbani e rigenerazione urbana


I ‘beni comuni’ stanno diventando una questione politica particolarmente discussa perché si prestano a nominare un’istanza urgente, di autodeterminazione e accessibilità da parte di tutti e di tutte dei beni necessari ai diritti fondamentali.
 
 Questo è stato chiaro per l’acqua, che ha un collegamento evidente con il diritto alla vita. Ma alcuni movimenti – come quello dei teatri occupati – hanno mostrato che un bene può essere necessario ai diritti non tanto per la propria natura, quanto per il modo in cui è amministrato. E, soprattutto, che uno stesso bene è tanto più indispensabile quanto più la persona è in stato di bisogno. E proprio i teatri ne sono un esempio: essi possono restare vuoti e abbandonati, essere usati per l’industria dell’intrattenimento, aprirsi alla fruizione culturale libera, o ancora essere autogestiti come mezzo di produzione condiviso. Qui la gestione dei beni pubblici diventa centrale quanto la proprietà e l’uso.
 
 A partire da queste premesse, l’incontro verte sullo studio di diversi casi di riappropriazione civica degli spazi urbani come beni comuni. L’obiettivo è comprendere come queste pratiche possano innescare processi trasformativi anche al di fuori dei beni stessi, consentendo di elaborare modalità di decisione collettiva sulla città, attraverso l’attivazione di processi partecipati e autogestione diretta dei beni pubblici da parte della comunità.
 
 I beni comuni urbani sono intesi come spazi decisi dal basso, con modalità che mettono in discussione i meccanismi tradizionali dell’autorità pubblica e del mercato, e prevedono la fruizione aperta coinvolgendo nella gestione anche, e innanzitutto, chi altrove non può prendere parola. Essi usano un approccio aperto ed eterogeneo, ma non neutrale: si basano su antifascismo, antirazzismo e antisessismo prendendo sul serio questi principi, in quanto individuano i privilegi e attivamente cercano di evitare che si trasformino in barriere. Questo significa creare nuove possibilità di relazione, ma anche rigenerare gli spazi pubblici secondo le esigenze della comunità, con l’attivazione di strumenti mutualistici e servizi sociali, come mense, doposcuola, ambulatori, cultura e sport popolari...
 
 La sfida posta da questi processi di innovazione istituzionale è usare le istanze della città per far uscire il tema dei beni comuni dai perimetri relativamente ristretti in cui nasce. In particolare, soprattutto a partire dal caso dell’ex Asilo Filangieri a Napoli, del Centro Sociale Bruno e dell’ex area Bersaglio di Trento, della rete nazionale dei beni comuni emergenti e a uso civico, si osserverà come le comunità – nate talvolta da atti conflittuali di ‘occupazione’ (o ‘liberazione’) degli spazi – propongano esse stesse degli strumenti giuridici per il loro riconoscimento, attraverso un ‘uso creativo del diritto’. In questi casi, il diritto non è un semplice strumento di regolarizzazione delle esperienze, bensì una leva per immaginare nuove istituzioni, che possano fare da precedente per il riconoscimento di altre esperienze e l’innovazione delle modalità della decisione pubblica.
 
 Dire che alcuni spazi sono strumentali ai diritti fondamentali, perché gestiti e fruiti in modo aperto e accessibile, significa pronunciarsi sul governo del territorio: ad esempio, gli spazi pubblici sono identificati immediatamente come risorse da mettere in comune per fini sociali attraverso l’autogoverno degli e delle abitanti, non da vendere o mettere a profitto. E la prospettiva concreta dei beni comuni smaschera il vincolo nazionale ed europeo del pareggio di bilancio, che si rivela un pretesto per scollare il bilancio pubblico dai bisogni delle persone, e rafforzare i poteri e le disuguaglianze esistenti.
 
 Docenti:

🔹 Maria Francesca De Tullio: dottoressa di ricerca in diritto costituzionale all'Università Federico II di Napoli, e attualmente assegnista post-doc presso l'Università di Anversa - Culture Commons Quest Office - nell'ambito del progetto Cultural and Creative Spaces and Cities, finanziato dal Programma Creative Europe dell'Unione Europea. È autrice della monografia "Uguaglianza sostanziale e nuove dimensioni della partecipazione politica". Le sue principali aree di ricerca sono: la rappresentanza politica e la democrazia partecipativa, l'antiterrorismo e gli stati di emergenza legale, la sorveglianza delle comunicazioni, il diritto della concorrenza su Internet, la dimensione collettiva della privacy nell'era dei big data. È attivista de l'Asilo - ex Asilo Filangieri - a Napoli e della rete nazionale dei beni comuni emergenti e a uso civico.

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Chiara Porretta: architetta, assistente alla direzione e presidentessa della Fondazione per l'Innovazione Urbana è un centro di analisi, comunicazione, elaborazione e co-produzione sulle trasformazioni urbane per affrontare le sfide sociali, ambientali e tecnologiche. Grazie alla Legge Regionale dell’Emilia-Romagna per la promozione di percorsi partecipativi, ha lavorato alla stesura e sviluppo dei primi progetti di coinvolgimento della cittadinanza curati da Ferrara Urban Center, (www.urbancenterferrara.it)

🔹
Stefano Bleggi: Coordinatore del Progetto Melting Pot Europa,  progetto di comunicazione indipendente nato nel 1996 e frutto dell’impegno collettivo di associazioni, esperti, avvocati, docenti, attivisti, giornalisti, fotografi, videomakers, impegnati nella realizzazione di uno spazio di informazione e approfondimento libero, autonomo e gratuito. Referente territoriale della campagna LasciateCIEntrare. Attivista storico trentino e promotore di numerose campagne locali e nazionali. E' attivista del Centro Sociale Bruno e coorganizzatore dell'OltrEconomia Festival.

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