Sei nel mezzo di una conversazione.
“Hai presente quell’attrice… ha fatto una marea di personaggi… Faceva la matrigna di Fleabag e poi ha fatto anche quella parte come poliziotta con uno degli attori feticcio di Lars Von Trier…”
In quel momento migliaia di neuroni nel tuo corpo si accendono con piccole scariche elettriche, dendriti e assoni diramano informazioni, sciami neuronali si appigliano a immagini, sensazioni, parole. Scorril’alfabeto in attesa che una lettera accenda una lampadina.
“L, m n, o… Olivia!” È arrivato il nome... e il cognome? Niente, il vuoto.
Lo stai per fare. Senza renderti conto, ti trovi lo smartphone in mano e, come fosse un riflesso automatico, sei già sul motore di ricerca più famoso del mondo e hai digitato le prime lettere. “Oli”. Non devi neanche finire il nome, perché il motore di ricerca è in grado di anticipare quello che stai per scrivere e suggerisce la parte restante della tua ricerca. “Olivia Colman”.
Com’è possibile?
Intelligenza artificiale.
L’anticipazione di quello che stai per scrivere è una delle applicazioni dell’intelligenza artificiale (IA). In questo caso, il sistema di IA attinge da archivi di dati provenienti dai 4 miliardi dei suoi utilizzatori quotidiani e su questa enorme mole di informazioni nota schemi ricorrenti e immagina categorizzazioni. Come fa a predire quello che stavi scrivendo? Applica un calcolo su quale lettera e quale parola sia più probabile che digiterai successivamente, in base a quello che tu e altri miliardi di persone hanno scritto e stanno scrivendo. Sia quando soddisfa il compito (cerchi “Olivia Colman” e prima di aver finito di digitare nella barra compare effettivamente “Olivia Colman”), sia quando non lo soddisfa, l’IA impara qualcosa di nuovo.
Magia? Non proprio. Piuttosto dovremmo parlare di calcoli fatti su grandi quantità di dati.
L’intelligenza artificiale è quella parte dell'informatica che studia la teoria, i metodi e le tecniche che permettono la realizzazione di sistemi di elaborazione che hanno la capacità di eseguire azioni considerate di pertinenza umana (Zingarelli, 2021).
In altri termini, è la capacità di un sistema di interpretare correttamente dati esterni, imparare da questi dati e usare ciò che ha imparato per raggiungere scopi e realizzare compiti specifici adattandosi in modo flessibile (Kaplan, Haenlein).
La nostra vita è costellata di intelligenze artificiali e sempre più ce ne saranno in futuro: riconoscimento vocale e facciale, sistemi di guida, robotica, sicurezza, traduzioni, sintesi vocale, riconoscimento di schemi ricorrenti e di elementi in immagini e video, elaborazione di video a partire da poche immagini singole.
Con Sineglossa ci occupiamo di promuovere innovazione facendo dialogare tecnologia, società, economia e arte. Siamo sempre stati affascinati dall’IA: come funziona, le sue potenzialità, le sue implicazioni; da qualche anno abbiamo cominciato a sviluppare progetti in cui l’IA, anziché estrarre e sfruttare i dati delle persone a fini commerciali, possa rappresentare uno strumento di innovazione sociale. Da IA estrattiva a IA relazionale, per aprire un dibattito e cogliere le funzionalità della macchina, per far riflettere gli umani sui loro meccanismi e la loro società.
Così è nata IAQOS, Intelligenza Artificiale di Quartiere Open Source.
Dopo la nascita di IAQOS Torpignattara nel 2019 (che ha formato la sua conoscenza grazie alle testimonianze degli abitanti del quartiere) e IAQOS Ancona nel 2020 (che crea articoli visionari sulla città, a partire dai desideri delle persone), con Cooperativa 19 e il sostegno della Provincia autonoma di Bolzano - Alto Adige abbiamo iniziato a pensare cosa l’IA relazionale potesse fare a Bolzano.
It’s lockdown, baby
Era appena iniziato il 2020 e la campagna comunicativa del progetto IAQOS muoveva i suoi primi passi.
Con l’hashtag #AIorPhilosophersStone, una cometa faceva la sua comparsa nel cielo di Bolzano, poi in giro per le strade, al mercato. Abbiamo raccolto una serie di video sugli avvistamenti.
A qualcuno, interdetto o affascinato, sarà capitato di trovarsela davanti e di prendere il tabloid cartaceo che la cometa portava con sé. In quella pubblicazione ci sono alcuni approfondimenti sui temi di cui si sarebbe occupata IAQOS.
Nello stesso periodo stavamo valutando con il partner NOI Techpark in quali luoghi tenere tre conferenze che avrebbero aperto il dibattito cittadino su intelligenza artificiale, dati, etica e futuro. Già, i cari vecchi spazi fisici dove stare seduti, in piedi, a parlare con decine di persone. Potete ben immaginare cosa sia successo pochi giorni dopo.
Per via della quarantena e del distanziamento fisico, i nostri piani sono cambiati e abbiamo realizzato le conferenze online, perché per noi era fondamentale cominciare a parlare pubblicamente di IA relazionale: questa fase ci avrebbe poi portato a invitare giovani under 35 a iscriversi al Campus, dove avremmo creato una vera e propria IAQOS a Bolzano.
Così le conferenze sono diventate Web Talk e hanno visto la partecipazione di tante persone esperte del settore, ma anche curiose e curiosi che volevano capire qualcosa in più sul significato di Intelligenza Artificiale, cosa comporta per le nostre vite e quali sono le sue potenzialità.
I tre interventi si possono rivedere sul sito web make it visible o sul canale youtube di Cooperativa 19:
- IAQOS- un’Intelligenza Artificiale di Quartiere Open Source per Bolzano, con Salvatore Iaconesi e Oriana Persico
- “White mirror” – uomini e intelligenze artificiali disegnano nuovi futuri, con Francesco Ricci e Dino Maurizio
- “Mangio quindi sono” – Dati: il cibo per le intelligenze artificiali, con Antonella De Angeli e Riccardo Coluccini
Nel frattempo abbiamo organizzato un incontro virtuale con le studentesse del corso di Scienze della formazione dell’Università di Bolzano, grazie al supporto della professoressa Antonella De Angeli. La sua riflessione emotiva sulla didattica e le sue studentesse la trovate su Commonfare.
Il Campus
La nostra promessa per chi si fosse iscritto al Campus era quella di immergersi in un percorso formativo e creativo. Questo è stato il messaggio che abbiamo disseminato:
AAA Cercasi 15 giovani under 35, interessati a cultura, social innovation, design, rigenerazione urbana, tecnologia - non necessariamente con competenze informatiche - per dare vita a IAQOS Bolzano.
Come si fa a co-creare un’Intelligenza Artificiale che dialoghi con la città e i suoi abitanti, che si educhi attraverso le narrazioni e offra nuove possibilità di relazione e interconnessione ai cittadini? Lo sperimenteremo insieme nel nostro Campus, completamente gratuito! Leggi il Vademecum con tutti i dettagli ed iscriviti entro il 28 settembre 2020!
A curare il percorso siamo stati in sei: Andrea Zaninello (editor e language scientist), Federico Bomba (fondatore e CEO di Sineglossa), Hannes Egger (artista), Margherita Delmonego (social media manager di Cooperativa 19), Massimiliano Gianotti (presidente e progettista di Cooperativa 19), Tommaso Sorichetti (user experience designer).
Nonostante le chiusure, le quarantene, o forse proprio per le esigenze che queste hanno fatto esplodere, le attività di disseminazione del bando hanno dato frutti preziosissimi: tante persone hanno risposto e sono state selezionate attraverso colloqui. Immaginavamo una squadra di giovani con passione, con competenze trasversali e verticali interessanti e predisposizione all’innovazione sociale: le tredici persone che ora stanno frequentando il Campus sono ancor più di questo.
Nella tavolozza delle loro abilità abbiamo visto fin da subito e continuiamo a vedere precisione, responsabilità, impegno, capacità di negoziare le proprie idee, voglia di apprendere e gusto della sperimentazione. Per quanto riguarda le competenze “hard”, la squadra è potente e si muove tra ricerca sociale, economia, arte, sviluppo di codice, comunicazione, design.
In rigoroso ordine alfabetico, i e le componenti della squadra sono Alex Teatini, Camilla Marani, Camilla Morandin, Emanuela Teaca, Federica Marenghi, Federico Montalesi, Giada Fraccaro, Margherita Mescolotto, Maria Dissegna, Martina Spinelli, Martina Squizzato, Massimiliano Masetti, Michael Scerbo.
Era ottobre e per fortuna abbiamo avuto una breve parentesi in cui i dpcm hanno concesso incontri formativi dal vivo. Noi l’abbiamo sfruttata e ci siamo ritrovati al DRIN, con mascherine sempre indosso, porte e finestre aperte, gel sanificante in ogni dove, e così nei primi due workshop siamo riusciti a conoscerci, a fare le prime lezioni teoriche e pratiche su un’IA a Bolzano.
Le basi
La prima lezione è stata con Andrea Zaninello: abbiamo fatto chiarezza su cosa significassero Intelligenza Artificiale e Machine Learning, sfatando alcuni miti e collocando l’argomento nel suo giusto ambito, e cioè nella statistica e nella matematica. Cosa fa l’IA? Per dirla in parole molto semplici, l’IA si “allena” (fa training) su grandi quantità di dati, enormemente più grandi rispetto a quanto gli umani possano elaborare, e li classifica: mette in evidenza informazioni ricorrenti, correlazioni, fa proiezioni potenziali. Come abbiamo visto all’inizio con l’esempio di Olivia Colman, è attraverso queste funzionalità che un motore di ricerca può interpretare le scelte passate per proporci qualcosa che ritiene essere in linea con il nostro gusto.
Grazie al contributo di Maria Menendez-Blanco, ricercatrice presso l’Università di Bolzano, siamo entrati nella materia dei bias e dei modelli mentali, ovvero le scorciatoie che la nostra mente usa per risparmiare energia e andare più veloce. A volte sono utili, altre volte portano a radicare pregiudizi, conformare opinioni, discriminare. Quello che succede è che dietro ogni IA ci sono sempre umani che la progettano, che le dicono quali dati considerare, quali lasciar perdere e quali azioni compiere. Purtroppo, dato che le persone che progettano IA (e in generale che progettano prodotti e servizi) sono spesso maschi, bianchi, provenienti da scuole occidentali e benestanti, proiettano le loro opinioni e i loro pregiudizi, coscienti o meno, su quello che stanno progettando e rischiano di creare un prodotto che non riconosce le diversità rispetto al loro mondo.
Di esempi ce ne sono a bizzeffe: modelli che non riconoscono persone di colore o con tratti del viso divergenti rispetto ai modelli su cui l’IA ha fatto allenamento, traduzioni linguistiche o suggerimenti di ricerca che tendono a perpetuare pregiudizi di genere sessuale e etnico.
Sembra una trappola senza uscita, ma la soluzione c’è: chi progetta ha la responsabilità di aprirsi alle sfaccettature, immaginando prodotti o servizi con e per persone diverse da sé. Ma come rompere le bolle in cui tutte e tutti viviamo e che ci portano a vedere la realtà sempre più omologata sui nostri gusti, quelli delle persone vicine a noi o quelli di chi progetta le nostre esperienze? Nel Campus abbiamo provato a uscire dalle nostre bolle. Anzi, è diventato lo scopo principale dell’IA che stavamo progettando: riconoscere le bolle e provare a uscirne.
Queste argomentazioni ci hanno portato alla lezione di Diego Dimalta e Andrea Baldrati, avvocati e co-fondatori di Privacy Network, organizzazione non profit che si occupa di promuovere e difendere privacy e diritti fondamentali nel mondo digitale.
Con loro abbiamo affrontato i punti principali per capire come progettare un’IA che non estragga dati come fossero petrolio, ma ne richieda il minimo indispensabile, tutelando sempre i diritti degli utenti.
Tommaso Sorichetti ha inquadrato la progettazione sui cardini dell’innovazione sociale e del Design thinking: la prima si occupa di sviluppare nuove idee per affrontare problemi sociali o per rispondere a bisogni delle comunità, il secondo è un approccio che mette l’utente al centro del progetto e con cicli di ricerca e sperimentazione ne affronta contemporaneamente diversi aspetti, come ad esempio quello individuale, collettivo, economico, comportamentale e urbanistico.
Inoltre, visto l’ingaggio e la competenza su alcuni temi, alcune e alcuni partecipanti hanno tenuto spontaneamente delle lezioni su Come i social media influenzano la mente umana, Intelligenza Artificiale nella lotta al Coronavirus, Gamification e Gestione del conflitto.
Attingere all’immaginario
Alla fine del secondo workshop era giunto il momento di calare le nozioni apprese sul contesto di Bolzano.
Abbiamo fatto leva sul pensiero simbolico, usando una metafora. Abbiamo chiesto ai e alle partecipanti del Campus come avrebbero disegnato Bolzano se fosse stata una creatura mitologica, ed ecco cosa ne è uscito.
Perché partire da una domanda del genere, disegnare senza ragionare o dibattere prima? Sono bastati cinque minuti di disegno libero e istintivo per tirar fuori decine di concetti non filtrati, successivamente spiegati dagli autori e dalle autrici. Per citarne alcuni: organizzazione, felicità, radici, tradizioni, Bolzano pluricefala, fratture, ferite, litigi, magnificenza, apparenza, benessere, avanguardia, rabbia, innovazione, buchi, chimera.
La spiegazione dei simboli ci ha aiutato ad arrivare dritti ai nodi principali, che man mano abbiamo scritto e poi raggruppato per affinità.
Ci siamo resi conto che ogni raggruppamento rappresentava una “tensione”: corpo-testa, innovazione-tradizione, unità-molteplicità. Pensandoci, il concetto stesso di “tensione” si addice particolarmente a Bolzano, alla sua storia e alle sue dinamiche sociali.
Successivamente abbiamo creato tre squadre su base volontaria, che per ogni tensione hanno cominciato a immaginare:
- una tipologia di persona a cui rivolgersi
- quali bisogni esprimesse
- alcune ipotesi di risposta a questi bisogni
- quale funzionalità dell'IA potesse aiutare a risolverli.
Indicare la rotta
I progetti sono navi che hanno bisogno di una rotta da seguire, ovvero un obiettivo chiaro, modalità operative condivise e attività coerenti con l’obiettivo.
L’idea era quella di far convergere tre diverse idee in una sola, filtrando i punti di forza di ciascuna di esse, facendo confrontare i punti di vista dei tre gruppi e risolvendo le criticità di un progetto con i plus di un altro.
Per darci la rotta, abbiamo definito insieme 31 criteri che sarebbero stati poi usati da tutto il gruppo per valutare i progetti. La valutazione sarebbe stata collegiale e avrebbe seguito i criteri, che andavano dalla territorialità del progetto all’usabilità da parte dell’utente, dall’impatto sociale alla fattibilità tecnica. È stato un momento cruciale della nostra progettazione, perché ha posto le basi di senso di quello che avremmo fatto, i valori che IAQOS avrebbe dovuto offrire agli e alle abitanti di Bolzano.
Dai progetti a IAQOS convergente
Dopo due settimane di ricerca, progettazione e riunioni online, ci siamo ritrovate e ritrovati in una plenaria online. Grazie all’uso contemporaneo di Google Sheets, Mural e Zoom, le squadre hanno presentato i loro risultati e abbiamo valutato le idee secondo tutti i criteri che ci eravamo posti, per dare oggettività ai nostri ragionamenti.
Gli elementi interessanti emersi nei progetti erano tanti, alcuni sulla funzionalità dell’IA, altri sui meccanismi di interazione umano-macchina e altri ancora sulla contestualizzazione di IAQOS a Bolzano.
Arrivati a quel punto ci siamo resi conto che la cosa migliore da fare sarebbe stata creare il progetto convergente prendendo spunto da quello che nei lavori delle squadre ci convinceva di più. È stato un dialogo molto ricco e in un’ora siamo arrivati a definire l’obiettivo della nostra rotta.
Cosa fa IAQOS Bolzano
Bene, eravamo al dunque: IAQOS avrebbe “s-profilato” le persone.
È stato una sorta di momento “eureka”, sia per i tutor, sia per i e le partecipanti del Campus. Il petrolio di oggi sono i dati e le grandi aziende diventano sempre più grandi perché ne detengono il monopolio dell’accesso e dell’utilizzo. Ma siamo noi stessi a dare la materia prima di informazioni, più o meno consapevolmente, per ottenere servizi o svago (“se il servizio è gratis, il prodotto sei tu”). IAQOS Bolzano non avrebbe fatto profitto sui dati, ma anzi avrebbe reso trasparente e usabile il suo funzionamento (open source) per creare relazioni tra le persone.
In concreto, cosa fa IAQOS Bolzano? Anzi, cosa sarà in grado di fare entro i prossimi due mesi?
IAQOS si allena su dati pubblici presi dall’ISTAT e sulle risposte di un questionario che stiamo disseminando [se vuoi raccontare qualcosa a IAQOS, puoi farlo qui]. Prende il minimo dei dati necessari e li elabora per capire se esistono delle connessioni, che noi umani al momento non riusciamo a prevedere. Come progettisti, il compito che abbiamo dato a IAQOS è proprio quello di sorprenderci e notare correlazioni, per capire se esistono delle categorie che accomunano le persone che vivono a Bolzano. Potrebbe venire fuori che molte persone che vivono da sole provano gioia quando camminano in una particolare via e hanno difficoltà a staccarsi dal proprio smartphone. Oppure potrebbe stupirci una correlazione inattesa tra chi prende solitamente l’ascensore e chi preferisce la pizza capricciosa.
Questi cluster verranno visualizzati su schermo, sotto forma di vere e proprie bolle, in un’installazione che stiamo costruendo. Le persone potranno vedere le bolle di cui è costituita Bolzano e le vedrà modificarsi giorno per giorno, in base ai dati che gli abitanti forniranno. Ma non è finita qui.
Se ti va di mischiare le bolle, potrai giocare con IAQOS dal tuo smartphone. Ti farà qualche domanda e, una volta capita la bolla di riferimento, ti proporrà un’azione, che tra noi abbiamo chiamato “di s-profilazione”: un’azione che ti porta fuori dal comportamento abituale. Se la realizzi, creerai nuovi filamenti che uniranno bolle prima separate, o provocherai uno spostamento e una miscela di colori sempre più variopinta tra bolle diverse.
Avrete capito che l’intento di IAQOS non è scientifico, ma relazionale.
Se gli abitanti di Bolzano avranno capito che dietro l’IA non c’è magia, ma dati e matematica, e se vedremo le bolle modificarsi, sviluppare filamenti e colorarsi di sfumature sempre nuove, allora la nostra piccola IA bolzanina avrà svolto il suo compito.