Questa che andrete a leggere è l’esperienza di un precario, uno dei tanti.
I precari e le precarie, per capirci, sono la soggettività più ampia e diffusa del nostro tempo.
Potremmo accennare a dire che più che un soggetto si parla di una forma esistenziale in cui una persona è proiettata in ogni momento della sua esistenza, dalla sua nascita se non da prima. La forma di vita del precario è una forma di vita difficile da definire.
Immaginate di stare davanti alla televisione a guardare uno di quei documentari (bellissimi secondo me) sugli animali e sui loro comportamento:
“i cammelli del deserto del Sahara, durante il periodo degli accoppiamenti, a differenza di altre specie non combattono con gli altri maschi ma usano far sentire alle femmine l’aroma dei loro ormoni urinandosi addosso” .
Ho sentito un commento del genere qualche tempo fa in televisione. Immaginate di dover descrivere i tratti comuni dei precari del nostro tempo, la voce del documentario direbbe qualcosa del tipo:
“osserviamo qui un esemplare di precario fregarsene, come tipicamente fanno i precari, della condizione del prossimo, il quale in questo frangente si trova peggio di lui, condizione che lui stesso probabilmente attraverserà in un’altra fase in cui vedremo gli altri esemplari ripetere lo stesso identico comportamento dato dall’adattamento al clima e perfezionatosi nei secoli”.
Questo è per dare un’idea di massima del soggetto di cui stiamo parlando. Lui, nello specifico, si chiama Donatello ma per comodità lo chiameremo Lello. Lello lavora al centro di Roma ma vive in periferia. Ogni giorno, da un paio d’anni, si alza e va a lavoro, in un ufficio. Ogni pausa pranzo va a prendere il caffè, gli piace spendere qualche centesimo in più e andare a prenderlo in un bar di quelli per fighetti. Va in questo bar perché c’è una cassiera che stuzzica le sue fantasie erotiche. La cassiera in questione è la proprietaria del Bar, anzi è la figlia della proprietaria. Sono persone molto ricche ma talmente attaccate ai soldi che non concedono ad altri di stare alla cassa, non si fidano. Per questo motivo il loro atteggiamento alla cassa è diverso da altri cassieri, riescono entrambe a fare questo lavoro con completo distacco, senza concedere il minimo sguardo a chi paga, guardando tutti dall’alto in basso, senza emozioni, occhiate, sorrisi. Il caffè costa 1 euro, se tu gliene dai 2 loro non ti danno il resto in mano, te lo poggiano sul piattino, non vogliono alcun contatto. A Lello questa cosa lo intrigava e continua per più di due anni ad andare in quel bar e cercare uno sguardo, un cenno, qualcosa che lo avvicinasse alla cassiera che in parte odiava (per questioni forse di classe) in parte desiderava. Tenta disperatamente un modo. Quando va a pagare la saluta, ma lei niente. Prova a chiederle “come va tutto bene oggi?” e lei risponde “si, grazie”.. gelida. Ogni volta spera di tirar fuori qualcosa, un giorno gli scrive “sei bellissima” sullo scontrino ma vede lei che lo accartoccia e lo butta. Niente.
Poco importa, tanto in una vita in cui tutto è messo in discussione in continuazione, in cui non si ha sicurezza di niente, perché appunto, si è precari, almeno lui una certezza si sentiva di averla: lei non se lo sarebbe mai inculato di pezza (come si dice a Roma). Invece no, un giorno, proprio quando non va a prendere il caffè, torna il suo collega e gli dice “oh, non ci crederai, la cassiera del bar mi ha detto di darti questo”.. era un bigliettino col suo numero di telefono. Lello nostro, era convinto fosse uno scherzo così scrive a quel numero su Watsapp qualcosa del tipo “bella trovata, devo dire che questa volta vi siete impegnati, imbecilli” convinto che avrebbero risposto i suoi amici.
E invece no. Risponde proprio lei con una sua foto a dimostrazione che era veramente lei a scrivergli. Tutto sembra surreale. Insomma la cosa va avanti per qualche tempo e dopo un paio di mesi di messaggi e caffè (dove lei continua a non degnarlo di mezzo sguardo) riescono a combinare un appuntamento. Escono una sera, mangiano in un posto molto costoso, paga lei. Parlano poco, quasi per niente. Lei vuole portarlo a casa, Lello è molto contento ed eccitato, sta per togliersi una grande soddisfazione e senza particolari implicazioni sentimentali, erano almeno due anni che pensava a come sarebbe stata una serata con questa signora ricca e senza emozioni. Arrivano nella sua casa, zona Parioli se non sbaglio, ultimo piano. All’entrata un camino bianco, mai usato, così, per bellezza. Specchi ovunque e vetrate su tutto un lato, un balcone enorme, una casa pulitissima, quadri alle pareti che probabilmente avevano un valore enorme. La cassiera, una volta entrati, dice: “Non ti offro da bere per adesso, magari dopo” . Gli fa strada verso una camera e gli dice “questa è la mia camera dell’amore”, prende una chiave da una tasca e apre la porta. Non si vede niente, è tutta buia la stanza, e lei gli dice “prego, entra”. Lello entra, lei chiude la porta e a quel punto accende la luce. Una stanza enorme. In fondo alla stanza un letto. Tra la porta e il letto molti oggetti, a primo acchitto Lello pensa sia una sorta di palestra con in fondo un letto. Poi guarda meglio… Al centro una struttura in ferro sorreggeva una serie di attrezzi, vari tipi di fruste con colori e spessori diversi. Sul muro vedeva appese manette di cuoio, manette di ferro, manette pelose di mille tipi diversi. Ma non è tutto, c’erano anche sciabole, katane, accette, chiodi, martelli, strumenti vari. Dall’altro lato, attaccato al muro, una specie di libreria che però al posto dei libri aveva sex toys di vario genere, vibratori di spessori, colori, consistenze diverse, anal plug e altre cose che non riusciva bene a definire, alcune ancora impacchettate, altre invece sembravano molto usate anche solo a un primo sguardo. A questo punto lui si gira e la guarda incredulo. Lei, serissima e gelida come sempre dice “Io lo faccio così oppure non lo faccio”. Giustamente Lello gli risponde “ma così come?”. E lei “domanda intelligente, questo è stabilito sul contratto”.
Può sembrare assurdo ma andò proprio in questo modo, la cassiera ricca propose un contratto molto rigido al nostro Lello, il quale stabiliva tutto a partire dalla segretezza e dalla penale che avrebbe comportato se lui avesse raccontato a qualcuno, ma soprattutto stabiliva cosa avrebbe potuto fare lei con i vari strumenti sul povero Lello. Lello era solo un precario e come tanti aveva creduto di aver fatto qualcosa che gli altri precari non erano mai riusciti a fare, non si era reso conto di essere diventato oggetto di qualcun altro. Come tutti noi precari raramente aveva sentito parlare di contratto.
Per fortuna questo durava solo 3 mesi.