Quando ho saputo che la Regione Lazio aveva chiesto ai
The Pills di fare un video per il loro progetto regionale Riesco, nato per contrapporsi al fenomeno dei Neet non ci volevo credere. «Questi stanno 100 anni avanti», ho pensato. Sicuramente faranno qualcosa di esilarante, qualcosa che colpirà i giovani disoccupati, qualcosa che mi farà ridere, capire e cambiare idea.
Poi ho visto il
video non credevo fosse opera dei The Pills (e di una istituzione come la Regione Lazio), vista la sequela di luoghi comuni e la narrazione che ne emerge dei giovani disoccupati.
Ho immaginato la riunione in cui i funzionari ed i politici della Regione Lazio promotori di questo «reddito di inclusione formativa» hanno spiegato il progetto al gruppo di attori. Ho immaginato gli occhietti acuti del solerte funzionario: «Si tratta di descrivere e combattere un fenomeno sociale nuovo, quello di quei giovani che non studiano e non hanno lavoro. Noi gli vogliamo dare dei soldi per farli uscire dal loro guscio di inattività permanente».
I Neet, così dice l’acronimo, sono quei giovani che non studiano più, non hanno lavoro, non fanno formazione professionale etc.. O meglio quei milioni di giovani che la politica non capisce, per i quali non riserva alcuna opportunità e per i quali si inventa un acronimo per indicarli come coloro che non studiano, non lavorano, non si formano... insomma dei debosciati, dei nullafacenti! In pratica un’evoluzione del pensiero dominante del «è colpa dei poveri se sono tali, è colpa dei giovani se sono disoccupati». Una versione bamboccioni 2.0 di ministeriale memoria ai quali i The Pills, con il loro video promozionale per la Regione Lazio, sembrano essersi adeguati.
Il video avrebbe dovuto spiegare che a fronte di tale malattia giovanile (un po’ come l’acne), la Regione Lazio prevede un reddito di inclusione formativa di qualche centinaio di euro e spese varie, che avrebbe come scopo quello di far uscire di casa questi giovani inattivi. Infatti il programma regionale si chiama «Riesco», giocando un po’ sul fatto che il giovane smetta i panni del nullafacente ed esca da casa, esca dal suo guscio di bamboccione 2.0, si attivi per se stesso e la società che in fondo gli sta dando dei soldi. Il video che ne è venuto fuori ci ha lasciato a bocca aperta ed esterrefatti per la narrazione del giovane che dovrebbe essere protagonista del reddito di formazione. A un certo punto abbiamo anche creduto che i The Pills stessero prendendo in giro i proponenti della Regione Lazio e il racconto del solerte funzionario quando gli ha detto a chi era destinato questo progetto di inclusione.
Come sia andata non lo sappiamo, ma di certo, vedendo il video promozionale del reddito di inclusione formativa in salsa laziale, possiamo dire che dal nostro punto di vista è inquietante, davvero.
Il giovane protagonista del video non sembra tutto sommato così giovane, e vabbé. È evidente che il protrarsi da anni della disoccupazione giovanile, le mancate introduzioni di politiche pubbliche per i giovani, la mancata introduzione di un reddito garantito, abbia di fatto ormai creato dei Neet un po’ meno giovani..
Il protagonista è un maschio eterosessuale di quaranta anni con la barba da hipster, ma pronto a mettersi in giacca e cravatta per svolgere le funzioni del suo «posto fisso». Si alza tutte le mattina e va a lavorare (cioè a non fare niente) sul divano di casa sua. Anzi di casa di sua madre: il padre infatti non risulta presente. Ora non sappiamo se è morto, se si sono divorziati o meno... Però a occhio sembra un pò la tipica narrazione dei tipici ruoli familiari come vedremo nel prosieguo del video: ci pensa mamma, insomma. Tutto sommato il protagonista ci sembra vivere in un appartamentino decente, che ricorda un giovanotto di buona famiglia (non osiamo pensare a come avrebbero descritto il figlio di una precaria che magari fa tre lavori per sopravvivere e soprattutto come avrebbero descritto la madre). Ma qui potremmo definirla una congettura, una maliziosità dell’osservatore che vede scene di riproposizione patriarcale ovunque.
Colpa nostra a pensare male. E vabbè…
Il giovane disoccupato protagonista del video ogni giorno calcola la produttività in base alle serie tv che passa il tempo a vedere, a quante pippe si è fatto durante il giorno (sì ho scritto pippe, esattamente come si esprime il video, dileggiando qua e là ricorda un po’ la versione 2.0 della famosa hit «chi non lavora non fa l’amore»... al massimo si fa le seghe! ) e la visione di partite di Champions del Barcellona.
Il giovane Neet sostiene di avere realizzato in questo modo il suo sogno: il posto fisso (che sarebbe il suo divano, anzi il divano della madre). Fino a quando la madre (la madre!) si stufa della situazione (in verità neanche troppo preoccupata) e lo iscrive al progetto della Regione Lazio che in maniera un pò distante (come se non lo capisse manche lei) cerca di spiegare alla telecamera.
Il video promozionale continua in cui il giovane The Pills Neet, prima tenta una lotta di rivendicazione del suo posto fisso (cioè continuare a non fare nulla se non a vedere serie tv, partite di Champions e masturbarsi almeno tre volte al giorno), poi in qualche modo costretto dagli eventi e dalla madre (forse a sto punto preoccupata dell’abbassamento della vista dovuta alle pippe) firma una sorta di patto in cui «accetterà» (diciamo sarà obbligato) a «partecipare» al reddito di inclusione formativa. Dopo un po’ il giovane, che prima era un segaiolo nullafacente, adesso finalmente è un giovane inserito nella società, e confessa che grazie a questo progetto della Regione Lazio ha fatto nuove amicizie, esce di casa ed addirittura è riuscito a scopare (dice proprio cosi eh!). Ora che ci vorrebbe un reddito garantito contro precarietà e disoccupazione è una cosa sacrosanta. Ma che addirittura ci fosse un legame tra reddito\pippe\scopare... non ci sarei mai arrivato. Qui si sovverte addirittura la hit citata sopra. Dal «chi non lavora non fa l’amore» al «col reddito scopi come un riccio»!
Questi della Regione Lazio sono troppo avanti. E vabbé.
Ora, dopo aver velocemente narrato a grandi linee il video promozionale sorgono tutta una serie di inquietanti domande.
Dunque, io sono giovane, io sono disoccupato. Siamo diversi milioni in Italia, si sa. Cosa dovrei pensare dopo aver visto questo video? Dovrei riconoscermi nel maschio segaiolo tutto playstation e Champions League ivi descritto? Dovrei sentirmi una merdina che non si alza manco dal divano? Dovrei cominciare ad avere sensi di colpa? Quali riflessioni dovrei maturare? Dovrei rimanere folgorato sulla via di Damasco (cioè sulla via di The Pills) e trasformarmi da parassita sociale in cittadino attivo e solerte? O forse non ho ben compreso il messaggio della Regione Lazio e il video in verità è destinato alle madri, vittime di questi Neet masturbanti e nullafacenti?
Il parassita dovrebbe essere contento di essere descritto in questo modo? Guardando il video, il giovane disoccupato, e dunque tutti i giovani disoccupati o che abbandonano la scuola, si riconosceranno come tali? Dovrebbe forse «prendere coscienza» del fatto che la sua colpa, del protagonista, è la colpa di una intera generazione di giovani che non lavorano? Ma se la descrizione del giovane Neet è solo questa, segaiolo e mammone, perché dare un reddito a un individuo siffatto? Per «educarlo» a cosa? A uscire con gli amici e scopare?
E a quelli della Regione Lazio, cosi come ai The Pills, chi gli ha detto che questo giovane non abbia già amici, non faccia già delle cose interessanti, non sia già innamorato, non di una ma anche di due, tre, quattro amiche o amici con qui si sollazza quotidianamente? E che dunque non ha tempo di lavorare ma solo di fare l’amore... essendo giovane gli sara concesso? Ma questa narrazione ottocentesca, maccartista, da benpensanti e moralisti (non sappiamo manco noi dove affondi le radici) ma da dove arriva? Eppure, a memoria, la giunta della Regione Lazio che ha promosso questo progetto di reddito di inclusione pare sia di centro-sinistra!
La Tatcher sosteneva che la società non esiste, la malandrina, si sa, lo diceva per non spendere (più) soldi per lo stato sociale. Alla Regione Lazio fanno peggio, in un sussulto ondivago fanno avanti ed indietro col tempo. Prima di tutto la colpa della condizione di Neet è del giovane che non ha voglia di fare nulla se non parassitare (ricorda la descrizione dei vagabondi di Christmas Carol di Dickens), ma siccome sono la sinistra illuminata individuano la società come soggetto che si dovrà far carico dei nullafacenti (siamo all’epoca Vittoriana) che vanno educati, individuando un reddito (qui fanno un salto di cento anni verso il welfare) ma di inclusione formativa per farli uscire dalla loro condizione di parassiti e perditempo (via di nuovo sulla macchina del tempo per chiudere il cerchio con Oliver Twist).
A voler essere onesti ed in linea con i principi e le fondamenta storiche a cui il video, e dunque il programma regionale, fa riferimento, questi giovani andrebbero interdetti come accadeva con i mendicanti nella fumosa Londra della prima rivoluzione industriale.
L’iniziativa regionale di un reddito destinato ai giovani è oltretutto limitata e piena di condizionamenti, il primo tra tutti la formazione. Senza tener conto che ad esempio questi giovani possono già essere occupati in altre attività. Magari qualcuno di loro suonerà in una band punk, qualcuno parteciperà alle attività di una associazione, qualcun altro forse lavora al nero, qualcuno ha problemi in famiglia (magari mancano proprio i soldi!? E sappiamo come si incrinano le relazioni spesso quando vi sono difficoltà economiche) e via dicendo. Tenere conto della persona no eh? Chiedere al beneficiario di cosa necessita e dunque intanto garantire un reddito minimo a quanto pare alla Regione Lazio non viene in mente. Siccome è un povero nullafacente, gli diamo qualche soldo e lo obblighiamo a fare quello che diciamo «Noi».
E noi chi?
Quelli che hanno avuto la fantastica idea di proporre questa narrazione? E’ evidente che se queste sono le premesse culturali, anche il reddito di inclusione formativa pone finalità quantomeno discutibili. Il video promozionale infatti fa emergere la filosofia di fondo che introduce questo progetto laziale. Non si tratta solo di un errore comunicativo, «qui si è cagato fuori dal vasetto», direbbero i The Pills se solo ci pensassero un minuto di più.
Quando parliamo di Neet, di precarietà e disoccupazione giovanile, ma anche di inoccupazione parliamo di una condizione frutto di mancate politiche giovanili, di misure di welfare decenti, di una attenzione della politica che non può essere rimandata a qualche programmino che sa di iniziativa pre-elettorale (visto che è stata promosso un mese prima delle elezioni regionali fa pensare....), di una realtà sociale maledettamente diffusa che pone l’Italia tra i peggiori paesi europei. Non si può dire che il giovane sdraiato su un divano a non fare nulla sia la colpa della sua stessa inattività. La narrazione porta là ed è una narrazione tossica. Pone “verso il basso” il senso della colpa, verso il soggetto colpito le cause della sua condizione, ed allo stesso momento assolve il decisore politico, la politica come strumento di risoluzione delle contraddizioni che una società presenta. Se è colpa mia che sono disoccupato di certo non è colpa dei decisori politici!
Il video promozionale in verità non promuove nulla se non una lunga e imbarazzante sequenza di luoghi comuni che farebbero impallidire pure Brunetta e non meriterebbe che se ne parlasse se non fosse che mentre scrivo sono ancora inquietato da questa narrazione. Inoltre offende anche, il fatto che, a questi livelli, si possa descrivere in un modo così superficiale un fenomeno sociale complesso, come quelli dei Neet o della disoccupazione giovanile. Nessuno degli attori e degli autori o dei protagonisti politici della filiera che ha prodotto questo video si è accorto quanto può essere offensivo e antisociale un prodotto del genere. Possibile che da quelle parti si sia divenuti così impermeabili alla realtà? Così tragicamente sterili? Cosi maledettamente conformisti?
Da questo video emerge sicuramente un abisso di «solitudine sociale»; che è in primis di quelli della Regione Lazio.
Descrivere i Neet come parassiti non sposterà di un millimetro la questione sociale sottesa alla campagna della Regione Lazio (territorio martoriato dalla disoccupazione e dall'assenza storica di politiche sociali degne di questo nome). Anzi ci auguriamo che siano decine e decine di migliaia i giovani e meno giovani che a causa di politiche dell’educazione (vedi la buona scuola) e del lavoro (vedi la precarizzazione di massa) scellerate, chiedano alla Regione Lazio un reddito garantito (altro che inclusione formativa!). Però devo dirlo, questo video va a finire nel puzzle della narrazione conforme a questa epoca, diventa un nuovo tassello di una guerra culturale che si sta combattendo da anni: una vera e propria guerra contro «i poveri». Pubblicità, serie tv, film, un’intera produzione culturale, sempre più pervasiva e onnivora, costruisce l’ideologia della colpa per cui il soggetto protagonista è esattamente colui o colei che subisce la condizione sociale di emarginazione e disagio economico
Vorrei chiedere ai The Pills (che comunque saranno precari pure loro visto che per fare due spicci si adoperano a tali produzioni culturali) e alla Regione Lazio di darsi da fare, muovere il culo e provare a rimediare al danno.
Prima di tutto: togliete quel video, dai, che vi siete sbagliati. Diciamo che non avevate capito il dramma di una intera generazione (se non più di una!).
Fatene un altro, magari facendo attenzione al fatto che parlate della vita delle persone e delle loro difficoltà. Se volete (se non siete capaci cioè) tra i tanti giovani Neet ce ne sono molti che fanno video, musica, volontariato, fanno politica, hanno amici, scopano e talvolta hanno idee. Provate cioè a ribaltare il discorso, il giovane Neet è uno che invece è altamente produttivo, forse non come lo immagina il conformismo imperante, ma come lo immagina la capacità di determinazione. Pensate un pò, sono attivi pure quando giocano alla playstation tanto che le grandi case produttrici di video game cercano giovani giocatori, per testare i nuovi giochi, come fossero oro!
Infine: lasciate perdere lacci e lacciuoli per giustificare un diritto al reddito, occupatevi delle cause della disoccupazione, occupatevi delle difficoltà che si hanno non avendo un sostegno economico, occupatevi di valorizzare le persone, non incolparle.
Insomma, se avete intenzione di dare un reddito ai giovani, evidenziatene le potenzialità a partire da quelle già presenti nella vita dei soggetti a cui vi riferite, perché per quanto vi sforziate a descriverne i limiti e per quanto vogliate descriverne l’inattività, questi in verità hanno molte più cose da dire e da fare di quanto pensiate.
Sarà anche per questo che molti fuggono dall’Italia?
Sheldon Cooper (ricercatore precario, dentro e fuori la condizione di Neet)