ARTICOLI E MATERIALI
Questo quaderno di EuroNomade, dedicato al tema del Contropotere, vuole contribuire alla riapertura di un orizzonte complessivo dentro la riflessione dei movimenti sociali, tra il vivere la dimensione puntuale del presente e il costruire un punto di vista ricco di tensione progettuale il contropotere rompe l’unità politica, e si costituisce come figura della transizione \
Riconquistare un orizzonte. Questo quaderno apre una serie di interventi monografici che il Collettivo EuroNomade intende dedicare ai nodi, teorici e politici, più rilevanti nei conflitti del nostro tempo. Ogni numero avrà una parte dedicata ai saggi, e una seconda parte antologica, che propone materiali utili a ricostruire le genealogie che fanno capo al tema. L’ambizione è abbastanza trasparente. Se non è proprio una rivista (secondo un modello che, dalle parti nostre, ha sempre costituito non un semplice supporto all’azione politica, ma forse il suo principale strumento), della rivista conserva qualche ambizione. Si tratta di rilanciare l’impresa della riflessione teorica, almeno nelle intenzioni, programmatica. Contribuire, mantenendo la consapevolezza dell’insufficienza dei nostri mezzi, a riaprire un orizzonte complessivo. Non perché questo orizzonte sia bell’e fatto, e pronto per essere riproposto: anzi, si tratta proprio di ripensarlo, ben radicato nelle contingenze dell’attualità. Ci sembra urgente, però, riaprire il rapporto, dentro la riflessione dei movimenti sociali, tra il vivere la dimensione puntuale del presente e il costruire un punto di vista ricco di tensione progettuale.
Questo quaderno di EuroNomade, dedicato al tema del Contropotere, vuole contribuire alla riapertura di un orizzonte complessivo dentro la riflessione dei movimenti sociali, tra il vivere la dimensione puntuale del presente e il costruire un punto di vista ricco di tensione progettuale il contropotere rompe l’unità politica, e si costituisce come figura della transizione \
Riconquistare un orizzonte. Questo quaderno apre una serie di interventi monografici che il Collettivo EuroNomade intende dedicare ai nodi, teorici e politici, più rilevanti nei conflitti del nostro tempo. Ogni numero avrà una parte dedicata ai saggi, e una seconda parte antologica, che propone materiali utili a ricostruire le genealogie che fanno capo al tema. L’ambizione è abbastanza trasparente. Se non è proprio una rivista (secondo un modello che, dalle parti nostre, ha sempre costituito non un semplice supporto all’azione politica, ma forse il suo principale strumento), della rivista conserva qualche ambizione. Si tratta di rilanciare l’impresa della riflessione teorica, almeno nelle intenzioni, programmatica. Contribuire, mantenendo la consapevolezza dell’insufficienza dei nostri mezzi, a riaprire un orizzonte complessivo. Non perché questo orizzonte sia bell’e fatto, e pronto per essere riproposto: anzi, si tratta proprio di ripensarlo, ben radicato nelle contingenze dell’attualità. Ci sembra urgente, però, riaprire il rapporto, dentro la riflessione dei movimenti sociali, tra il vivere la dimensione puntuale del presente e il costruire un punto di vista ricco di tensione progettuale.
Gli interventi che presentiamo qui sono stati elaborati in gran parte prima della pandemia COVID-19: proprio questa nuova contingenza globale – e l’apertura di una crisi che si annuncia particolarmente dura e lunga – ci ha rafforzato nel riproporre questa esigenza di legare analisi del presente e ricerca di programma e di prospettiva. Dal mondo del lavoro alle istituzioni del welfare, dalla sanità alla scuola, alle campagne per il reddito cosiddetto “di quarantena”, sino a tutto il multiverso mutualistico che ha attraversato le città, la crisi sanitaria è stato tutt’altro che un tempo sospeso di silenzio: è stato essenzialmente un tempo di lotte. Lotte puntuali, e sicuramente eterogenee, attraversate da soggettività impossibili da ricondurre a sintesi. Allo stesso tempo però hanno indicato una direzione: la centralità della riproduzione sociale, della vita e delle sue infrastrutture, come terreno di lotta contro l’imperativo della riaffermazione delle condizioni del profitto e dell’accumulazione. Significativamente, questo terreno di lotta è precisamente quello indicato come prioritario, ormai da tempo, dall’affermazione su scala globale dei movimenti femministi ed ecologisti. Un pluriverso segnato dalle lotte, una indicazione precisa di direzione: momenti assembleari on line (un buon esempio è lo spazio #ilmondocheverrà) hanno già espresso l’esigenza di elaborazione comune, sperimentando una prima pratica di scrittura collettiva di un programma.
La posta in gioco cui accenna questa diffusione di pratiche assembleari, non è però semplicemente quella di rafforzare spazi comuni e di riflessione. Ancora l’esperienza della pandemia l’ha fatto vedere bene: il moltiplicarsi delle lotte è evidente. La domanda però che non si può eludere è come provare ad esercitare potere. Anche qua, i movimenti femministi ed ecologisti hanno forse già offerto un’indicazione chiave: si sono dati nella forma dello sciopero globale. Hanno cioè provato a rispondere – e su una scala transnazionale – a una domanda che non può essere aggirata: come possiamo incidere, come possiamo far male al nemico. La “traduzione” globale dell’arma dello sciopero, nelle forme dello sciopero sociale, indica come dentro i movimenti contemporanei, ci si stia riappropriando della questione del potere: più in generale, rompendo le trappole della riduzione a società civile e ad opinione pubblica, gli scioperi globali hanno rimesso in agenda la questione della efficacia dell’azione dei movimenti sociali.
Contropotere come potere diviso. Fuori dall’Uno. L’indicazione che Michel Foucault trasse dal Sessantotto, dall’esperienza di rovesciamento radicale delle dinamiche di potere che quell’evento aveva fatto irrompere, è che per porre produttivamente la questione del potere occorre innanzitutto “tagliare la testa al re”: in altre parole, sottoporre a critica la tradizione politica che legge il potere dentro la grammatica della riduzione all’unità, della sovranità e dello stato. Il potere va interrogato nella sua autonomia, nelle sue articolazioni molteplici, nel suo distendersi attraversando la pluralità delle pratiche e relazioni.
Allora: interrogare il potere, come modo di porre la questione della riappropriazione collettiva dell’efficacia dell’azione politica, richiede la rilettura di quei concetti che hanno alluso a modalità di esercizio e di organizzazione del potere che sfuggono alla riduzione moderna a comando/rappresentanza/stato. Il contropotere è, quando appare nelle diverse genealogie che qui proviamo a ricostruire, sempre potere al di fuori di questa coazione all’unità: contropotere è, in prima battuta, potere diviso. Ce ne sono le tracce nella tradizione del costituzionalismo, che contro la riduzione all’unità “sovrana”, prova appunto a giocare l’idea di una divisione dei poteri: vince però, su quel versante, la riconduzione dei poteri ad un’ipotesi di equilibrio. Che è appunto quello che i processi contemporanei di “decostituzionalizzazione” hanno radicalmente messo in discussione. Nella tradizione marxista e rivoluzionaria, la figura del contropotere assume la figura, ben più decisa, del dualismo di potere: il contropotere rompe l’unità politica, e si costituisce come figura della transizione. È evidente che rispetto a questa figura “classica” del contropotere, è difficile oggi pensare qualsiasi semplice continuità: difficile immaginare il dualismo di potere come una fase di uno sviluppo rivoluzionario lineare, come un “passaggio” destinato ad essere superato definitivamente dalla sintesi rivoluzionaria.
estratto dall’editoriale di Giso Amendola del QEN qui scaricabile